Essere insultati fa male, anche quando a farlo è un robot. La ricerca
Le interazioni umane con i robot hanno i loro pregi e difetti.
La comunicazione con i robot é una realtà consolidata da qualche decennio. Gli studi sull’intelligenza artificiale creano divisioni tra i sostenitori e chi non vede di buon occhio un’ automatizzazione della società, ma la scienza é decisa a scoprirne di più sui pregi e i difetti dei robot. Cosa succede infatti se un robot ci insulta?
La comunicazione umano-robot
Le nuove generazioni di sistemi robotici hanno iniziato a condividere lo stesso spazio di lavoro con gli umani. Il loro ruolo di collaboratore e assistenti fa nascere nuove sfide nel processo di progettazione dei comportamenti al fine di garantire l’accettazione da parte dell’utente (Fong et al., 2003). L’intelligenza artificiale dovrebbe essere quindi dotata di abilità sociali e cognitive che rendono l’interazione più dinamica e naturale.
Ma da dove partire per comprendere come far comunicare efficacemente umani e robot?
La comunicazione umana infatti si basa tra le altre cose sui processi di risonanza nel sistema motorio dell’osservatore e questo lo aiuta a:
- comprendere le azioni altrui
- inferire i loro obiettivi
- comprendere il linguaggio relativo all’azione
Nella collaborazione infatti monitoriamo continuamente le azioni del nostro interlocutore, le interpretiamo senza sforzo e utilizziamo questa analisi per comportarci di conseguenza. Gli umani sono infatti molto bravi a combinare movimento e informazioni contestuali per anticipare le azioni altrui (Sebanz et al., 2006).
Quando invece il comportamento osservato è ambiguo o viene rilevato un conflitto, siamo capaci di comunicare la ragione al nostro co-attore. Ma cosa accade se l’interlocutore è un robot?
Lo studio della Carnegie Mellon University
La comunicazione ostile (trash talk) tra intelligenza artificiale e umani è stata analizzata in uno studio della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, in Pennsylvania.
Uno studio singolare che si discosta dai tipici studi sull’interazione uomo-robot presentato nel corso del 2019 alla Conferenza internazionale IEEE su robot e comunicazione interattiva umana (RO-MAN) a Nuova Delhi, India. L’esperimento è il risultato di un progetto studentesco in All Methods for Social Good dove gli studenti hanno esplorato i processi della teoria dei giochi in relazione alla razionalità limitata dei robot.
Ognuno dei 40 partecipanti allo studio ha giocato 35 volte con il robot mentre quest’ultimo aveva il compito di incoraggiare o commentare in maniera sprezzante il suo sfidante.
L’autore principale dello studio Aaron M.Roth ha affermato che alcuni dei partecipanti erano tecnicamente preparati alla sfida e hanno realizzato perfettamente che la causa del loro disagio emotivo era data dal trash talk della macchina. Il linguaggio è stato piuttosto mite e sono state utilizzate espressioni come “Devo dire che sei un giocatore terribile” e “Nel corso del gioco il tuo modo di giocare è diventato confuso”.
I risultati hanno dimostrato che nonostante la razionalità dei giocatori umani fosse migliorata con l’andare del tempo, i partecipanti che sono stati criticati dal robot non hanno avuto risultati altrettanto soddisfacenti.
Al riguardo l’autore A. Roth ha affermato:
"Un partecipante ha detto: 'Non mi piace quello che dice il robot ma è così che è stato programmato, quindi non posso biasimarlo".
Ma i ricercatori hanno scoperto che, nel complesso, le prestazioni umane sono diminuite indipendentemente dalla sofisticazione tecnica. Lo studio della Carnegie Mellon University è sicuramente uno dei primi studi sull’interazione uomo-robot dove i due protagonisti non collaborano.
Il co-autore Fei Fang, assistente professore presso l’istituto di ricerca software, ha aggiunto:
"Possiamo aspettarci che gli assistenti domestici siano cooperativi ma in situazioni come lo shopping online, potrebbero non avere gli stessi obiettivi di noi".
Le prestazioni di un individuo sono infatti influenzate da ciò che dicono le altre persone ma lo studio ha dimostrato che persino le macchine possono influire sul processo decisionale. In alcuni casi potrebbe anche avere implicazioni per l’apprendimento automatizzato, il trattamento automatizzato della salute mentali e come robot di compagnia.
Il ruolo dei neuroni specchio nella comunicazione
Immaginare uno sviluppo ulteriore della comunicazione uomo-robot significa chiedersi in che modo integrare informazioni verbali e non verbali per il coordinamento delle azioni tra i due interlocutori. Un esempio rappresentativo sono le architetture di controllo basate sul quadro teorico dell’intenzione comune (Alami et al., 2005).
Il processo sarebbe calibrato sulle intenzioni comuni e sul sistema di credenze e atti comunicativi messi in campo dai due giocatori. Un altro approccio si è ispirato agli esperimenti comportamentali e neurofisiologici che analizzano la percezione e l’azione in un contesto sociale (Bicho et al., 2009).
Le conseguenze sensoriali previste delle azioni osservate insieme alla conoscenza del compito possono quindi regolare l’azione successiva. Si ritiene che tali rappresentazioni condivise per percezione, azione e linguaggio costituiscano un substrato neurale e permettano la fluidità delle azioni condivise (Sebanz et al., 2006).
La maggior parte di questi studi si basa sulla scoperta dei neuroni specchio (MN) della corteccia premotoria e parietale in modelli animali (Di Pellegrino et al., 1992). I neuroni specchio si attivano sia quando la scimmia esegue direttamente un atto motorio sia quando osserva la stessa azione in un simile, costituendo un substrato neurale sul concetto astratto di “presa”. Questo presupposto è importante per supportare la capacità di comprensione tra agenti con patterns motori di apprendimento differenti come umani e robot.
In conclusione, la ricerca sul rapporto tra intelligenza artificiale e umano ha ancora tanti passi da compiere per affinare le modalità comunicative.
In primo luogo é necessario avere un quadro di riferimento sull’apprendimento dei patterns comunicativi che regolano l’intenzione comune. Gli studiosi dovrebbero chiedersi inoltre in che modo i robot possono influire sul processo decisionale umano e considerare la possibilità di poterli utilizzare nel contesto riabilitativo ed educativo e non solo ricreativo.
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Fonti:
Alami, R., Clodic, A., Montreuil, V., Sisbot, E. A., and Chatila, R. (2005). “Task planning for human–robot interaction,” in Proceedings of the 2005 Joint Conference on Smart Objects and Ambient Intelligence. ACM International Conference Proceeding Series, Vol. 121, Grenoble, 81–85.
Bicho E., Louro L., Erlhagen W. Integrating verbal and nonverbal communication in a dynamic neural field architecture for human–robot interaction, Front. Neurorobot., 21 May 2010 | https://doi.org/10.3389/fnbot.2010.00005
Carnegie Mellon University. "Trash talk hurts, even when it comes from a robot: Discouraging words from machines impair human game play." ScienceDaily. ScienceDaily,19 November 2019.